di Ivan Davoli, coordinatore nazionale dei corsi di studio di Scienza dei Materiali

I termini nano-scienza e nano-tecnologia sono vocaboli ormai comuni nel lessico giovanile, anche se il loro significato preciso sfugge a chi ha del mondo una conoscenza prevalentemente “intuitiva”.

Quando le dimensioni degli oggetti coinvolti in un fenomeno fisico, chimico o biologico, diventano piccoli quanto la miliardesima parte di un metro (1nm = 10-9 m), l’intuito, che la natura macroscopica del mondo reale ha sviluppato negli uomini, perde la sua validità. Su scala nanometrica i fenomeni fisici devono essere descritti seguendo le leggi della meccanica quantistica, scienza che ha una struttura logica sua propria e che si apprende normalmente a livello universitario poiché non si basa su concetti meramente intuitivi.
Questa scienza si è sviluppata nel corso del XX secolo con risultati diffusi e molto più tangibili di quanto si creda. Solo per fare un esempio, i telefonini che ormai tutti usano con grande disinvoltura, dai ragazzi in età pre-scolare alle vecchie nonne ansiose, sono il risultato dell’applicazione della meccanica quantistica. Senza la miniaturizzazione dei componenti elettronici e lo sviluppo delle batterie a stato solido, il telefonino sarebbe rimasto un ingombrante radio-telefono apprezzato soprattutto negli ambienti militari. La meccanica quantistica descrive il mondo dell’infinitamente piccolo e quando è applicata alla materia condensata diventa Scienza dei Materiali.
Il 1947 è l’anno in cui si brevetta il transistor e contemporaneamente nasce la moderna Scienza dei Materiali. L’idea che la conducibilità di un materiale possa essere modificata alterando (il termine esatto è drogando), con pochissimi atomi di Boro o Arsenico, la purezza originale del Silicio, indusse negli scienziati dell’epoca la speranza di poter ingegnerizzare, secondo le proprie esigenze, qualsiasi tipo di materiale. Questo poi non si è verificato, ma la spinta a realizzare nuovi materiali, sempre più efficienti ed economicamente competitivi, è diventata l’idea guida che ha dominato le economie delle società tecnologicamente più avanzate negli ultimi 50 – 60 anni.
Se ciò sia stato un bene o un male è ancora materia di dibattito fra le diverse sensibilità della società civile, ma difficilmente si potranno convincere quelle migliaia di persone che ogni anno vengono operate per l’impianto di una “protesi d’anca” che sarebbe stato meglio non avere avuto questa opportunità. I nuovi materiali hanno migliorato la qualità della vita a tantissimi cittadini, ma hanno anche indotto consumi che in molti casi sono stati giudicati discutibili.
Comunque pensare di tornare indietro è impossibile; piuttosto per migliorare la qualità della vita della nostra e delle future generazioni, sarebbe utile sviluppare una più ampia e approfondita conoscenza del livello scientifico della nostra società e del nostro tempo, in modo da poter discernere, con maggiore cognizione di causa, quello che la ricerca ed il mercato di volta in volta ci propinano. Si può verosimilmente dire che i nuovi materiali e le nuove tecnologie sono presenti in quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana; certamente essi sono fondamentali in quei settori produttivi dove la competitività con altri produttori e l’esigenza di continui miglioramenti in termini di costi e di riduzione sull’impatto ambientale è molto alta.
Le nuove tecnologie ed i nuovi materiali richiedono solide competenze di Fisica e di Chimica che a livello di ricerca possono essere facilmente recuperate fra i laureati in Fisica o in Chimica. Infatti Ricercatori di tali discipline che vogliano fare ricerca su i nuovi materiali, possono benissimo completare la loro formazione con letture integrative dell’uno o l’altra materia con un indiscutibile vantaggio per la preparazione complessiva del Ricercatore. Ma ormai la Scienza dei Materiali non è più di esclusiva pertinenza della ricerca e, oltre a scienziati in grado di progettare nuovi materiali, servono specialisti, tecnici, manutentori o semplici utilizzatori, che abbiano conoscenze specifiche dei nuovi prodotti di cui si arricchisce quotidianamente il mercato.
Riteniamo pertanto che una formazione variegata, che vada da corsi di Laurea dedicati a cicli di conferenze informative indirizzate a giovani in età scolare o anche a settori di cittadinanza sempre più vasti, non sia ulteriormente procrastinabile. Il nostro sistema universitario, pur con considerevoli difficoltà, ha attivato da qualche anno, in un numero limitato di sedi, percorsi formativi specifici di Scienza dei Materiali dove con uno spirito fortemente interdisciplinare, si insegnano le basi della meccanica quantistica e della microchimica, della crescita e della caratterizzazione dei nuovi materiali. Tutto ciò viene coadiuvato da una vastissima attività laboratoriale che permette di apprendere attraverso il fare concetti che normalmente sono ostici alle nuove generazioni.
E’ auspicabile quindi che anche nei Licei e negli Istituti Tecnici Industriali tali argomenti diventino materia di studio, o almeno di approfondito dibattito.

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