di Speranzina Ferraro del consiglio direttivo Centro di Ricerca e Formazione permanente per l’insegnamento delle discipline scientifiche, Dirigente Scolastico, Coordinatore del Piano Nazionale Orientamento, Ministero dell’Istruzione
1. Premessa
La globalizzazione, che distingue in questi anni il sistema economico e sociale con frequenti e rapidi cambiamenti, influenza il mondo del lavoro e la vita di ciascuno a vari livelli. In tale contesto è necessario, per ciascuno, aggiornare continuamente le proprie competenze e acquisirne di nuove, allo scopo di adattarsi ai cambiamenti e fornire le risposte attese dal mercato del lavoro.
A partire dal 2000 con lo sviluppo della società della conoscenza è venuta crescendo la richiesta di competenze sia a livello personale che professionale per fare fronte alle nuove complesse sfide. Si tratta, anche in questo caso, di competenze che non si acquisiscono una volta per tutte, ma di competenze da aggiornare continuamente e in rapida evoluzione, per vivere e lavorare con successo nella società.
Il nuovo contesto impone di rivedere anche l’organizzazione della scuola e la didattica di intervento in ogni ordine e grado di scuola, le scelte metodologiche e didattiche e, soprattutto, la formazione del personale docente. Oggi, sempre più si chiede che la scuola promuova lo sviluppo di competenze visibili, verificabili e in linea con i bisogni della società.
Occorre, perciò, che la scuola promuova negli studenti, a partire dalla scuola dell’infanzia, lo sviluppo delle competenze generali relative ai principali assi culturali, linguistico, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale, nonché delle competenze chiave per l’apprendimento permanente (Risoluzione UE, 2006).
Tale esigenza di rinnovamento, sostanziale e complessivo della nostra scuola, è sostenuto anche dalla lettura del Rapporto OCSE 2010 che evidenzia le criticità del nostro sistema d’istruzione, a cominciare dai tassi ancora elevati di dispersione scolastica, indicando le priorità su cui intervenire.
Occorre, altresì, riservare un ruolo strategico all’orientamento lungo tutto il corso della vita per la sua centralità nella lotta alla dispersione scolastica e all’insuccesso formativo per due ragioni in particolare:
• per le ricadute patologiche che un cattivo o errato orientamento ha sul sistema scolastico e per le conseguenze negative sul sistema economico-produttivo;
• per gli effetti problematici sull’evoluzione delle storie individuali (formative, lavorative, sociali).
Il tenere conto delle nuove emergenze sociali ed economiche e delle nuove frontiere formative sollecita ad intervenire in tutti i livelli scolastici nella direzione di sostenere ogni giovane nell’assunzione coerente di processi di scelta e di decisione. Tale visione muta completamente la “mission” della scuola rispetto al modello tradizionale.
La nuova scuola, infatti, impone il passaggio:
– dalla scuola delle conoscenze a quella delle competenze,
– dai programmi delle discipline alla costruzione unitaria del curricolo verticale,
– dall’insegnamento delle singole discipline ad un processo di insegnamento/apprendimento con il coinvolgimento attivo di chi apprende.
2. Apprendimento significativo per competenze.
Come si vede, il diverso scenario sociale, economico e culturale riserva un’attenzione particolare al termine “competenza” e al posto che essa viene ad occupare nel nuovo modello formativo.
Ma cosa intendiamo per “competenza”? In realtà, diversi sono i significati attribuiti a questo termine dagli studiosi.
Competenza può essere intesa, ad esempio, nel senso di “potenzialità” insita in un soggetto, ma può essere intesa anche come “prestazione o performance”, che un soggetto deve fornire in relazione ad un compito da svolgere.
Il significato a cui preferiamo riferirci è quello di “capacità del soggetto/persona di usare a pieno le sue risorse per fronteggiare situazioni e compiti”, cioè come “capacità di svolgere un compito o risolvere un problema”, in qualunque contesto, ovvero come esercizio di “autonomia, responsabilità, capacità di decidere e di portare a termine qualcosa” connesso con la vita reale e le sfide che essa pone. Come si vede, tale visione della competenza stravolge il tradizionale modello formativo del docente, basato sull’insegnamento della disciplina, sulla trasmissione delle conoscenze, spesso solo disciplinari, e sull’esercizio mnemonico delle stesse per introdurre un sistema di padronanza di conoscenze e competenze, che implica il profondo coinvolgimento e protagonismo della persona che apprende e delle motivazioni per cui apprende.
Tale visione, inoltre, implica l’apertura della scuola a qualunque livello al mondo, al contesto reale che circonda chi apprende, con i relativi problemi che comporta e che coinvolgono personalmente la persona.
Oggi è, perciò, necessario un rinnovato sforzo, sistematico e unitario, di formazione dei docenti di ogni ordine e grado di scuola, che li trasformi da trasmettitori di saperi a costruttori di saperi attraverso lo sviluppo di un curricolo unitario e verticale per competenze. Ne va del futuro di intere generazioni di giovani, che devono imparare a scuola ad agire ed intervenire in una società sempre più complessa e mutevole, con un bagaglio articolato di competenze.
Occorre, perciò, impostare piani di formazione che accostino la conoscenza alla competenza, in termini di significatività, che favoriscano l’approccio a compiti di realtà e che facciano sperimentare la risoluzione di problemi di realtà.
Per comprendere meglio il termine di competenza e la sua funzione nell’intervento formativo, possiamo affermare che le competenze sono un insieme di conoscenze e abilità, sostenute da motivazioni coerenti con il contesto di riferimento, necessarie per realizzare o risolvere compiti e problemi complessi. Nella struttura della competenza, come opportunamente sottolinea M. Pellerey, sono presenti tre componenti:
– una di natura cognitiva, relativa alla comprensione dei concetti,
– una di natura operativa, che implica il saper applicare la conoscenza, ovvero l’abilità,
– la terza di natura affettivo-motivazionale, che coinvolge gli atteggiamenti e le motivazioni del soggetto.
Se ciò è vero, ne discende che, per impostare un’efficace azione educativa, che voglia produrre apprendimento e competenza nel soggetto/persona, è opportuno intervenire su tutte e tre le componenti. E’ necessario, cioè, qualunque sia l’intervento formativo e qualunque sia la fascia d’età su cui il docente interviene:
1. far esercitare adeguatamente le abilità connesse con una determinata competenza,
2. far acquisire i contenuti teorici ad essa sottesi,
3. stimolare a cogliere il significato e l’utilità delle conoscenze e delle abilità connesse, in modo che la persona coinvolta si senta motivata ad esercitarla ogniqualvolta il contesto lo richieda.
Da ciò discende, altresì, che non esiste competenza senza conoscenza e che le conoscenze sono alla base della costruzione di una competenza consapevole e significativa. Se, quindi, il docente costantemente stimola gli studenti a riflettere sugli aspetti strutturali di ogni compito, a esercitare sempre il confronto cercando somiglianze e differenze, a trasferire quanto possibile di ciò che ha appreso in contesti nuovi, questo modello di lavoro e di apprendimento diventerà nel tempo un “habitus” familiare e faciliterà l’acquisizione di nuove competenze e il trasferimento delle stesse ad altri contesti.
3. Il ruolo del docente.
Il ruolo del docente nel nuovo modello formativo è essenzialmente un ruolo di mediazione, di sostegno, di supporto, di accompagnamento, di stimolo e, all’occorrenza, di consulenza alla formazione della persona e del cittadino. Tale ruolo il docente deve svolgerlo a partire dalla scuola dell’infanzia, perché è osservando il docente che il bambino apprende a relazionarsi con gli altri, a sentirsi accettato e valorizzato per quello che è e che può dare.
Ne consegue che grande è la responsabilità del docente rispetto al futuro formativo dell’alunno e al suo atteggiamento presente e futuro verso la formazione.
Si può, infatti, affermare che buona parte del futuro della formazione e del successo o insuccesso formativo di ciascuno si determina già nei primi anni della formazione, a livello di scuola dell’infanzia e primaria, quando cioè si struttura e si consolida il concetto di sé, che si basa sulla stima della propria AUTOEFFICACIA, che fin dall’infanzia si accompagna ad esperienze di successo/insuccesso in riferimento a figure significative.
Il docente che consapevolmente progetta e lavora per competenze implica che ogni esperienza/situazione formativa, per essere realmente metabolizzata, trasformarsi in competenza e diventare utilizzabile, deve coinvolgere mente, cuore, corpo ed essere riletta secondo categorie di significato che tengono conto sia della realtà esterna che del mondo interno e delle loro interconnessioni reciproche. Molti studi e ricerche, infatti, hanno dimostrato che “competenze” e “motivazione ad apprendere” si sviluppano e consolidano nella scuola primaria, il che significa che il ruolo della formazione di base, quale presupposto della formazione successiva e superiore, è essenziale e insostituibile, perché intervenire sulle scelte e sulle modalità di apprendimento degli studenti a livello di scuola secondaria superiore può essere tardivo e con esiti incerti.
Quali sono le principali competenze che potremmo definire per la vita che ogni docente, qualunque sia la disciplina d’insegnamento, deve apprendere come promuovere nei suoi studenti? Innanzitutto , lo sviluppo delle competenze trasversali per la vita, che sono:
– Conoscere se stessi,
– Gestire le emozioni,
– Governare le tensioni,
– Analizzare/valutare situazioni,
– Prendere decisioni,
– Risolvere problemi,
– Affrontare ogni situazione con adeguata motivazione,
– Esprimersi efficacemente,
– Comprendere gli altri,
– Interagire positivamente.
Per poter promuovere e sostenere lo sviluppo di competenze in chi apprende, il docente deve imparare ad individuare la domanda e i bisogni formativi di ogni alunno, deve lavorare al fine di rafforzare le abilità di scelta, di decisione e di autovalutazione della persona (empowerment), deve saper progettare percorsi formativi coerenti con la domanda e i bisogni e che rafforzino sia modelli formali, informali e non formali di apprendimento, nel rispetto e in coerenza con gli stati emotivi di ciascuno.
Ciò postula una progettazione che si sviluppa attraverso attività didattico-formative intenzionali e coerenti con i soggetti, volte a sviluppare un modo di pensare e di agire personale e autonomo e un metodo che abbia una valenza formativa per l’acquisizione di nuove competenze.
4. Elementi per una formazione di qualità.
In sintesi, i punti chiave per un efficace intervento formativo sono:
– La personalizzazione della formazione e degli interventi formativi,
– Il coinvolgimento attivo dello studente,
– La progettazione per competenze,
– Lo sviluppo di un curricolo unitario e verticale,
– Il ruolo consapevole di intermediazione e di supporto alla formazione da parte del docente,
– Il raccordo con la realtà e con il mondo del lavoro,
– La didattica attiva e laboratoriale.
Questi sono i presupposti per garantire un apprendimento fondato e duraturo per lo sviluppo di capacità e attitudini, nonché per la riflessione e la consapevolezza.
La centralità della persona nell’intervento formativo significa che lo studente con la sua individualità e diversità (età, genere, appartenenza sociale e culturale, valori, aspirazioni, attitudini, etc. ) è al centro dell’azione educativa e costituisce il fulcro dell’azione della scuola nel suo complesso. La persona, nel suo percorso formativo, deve essere messa in condizione di costruire e acquisire competenze, che possano accompagnarlo nei vari momenti della vita e facilitarlo nell’effettuazione di scelte ragionate e consapevoli.
Lo sviluppo di un curricolo unitario e verticale implica il superamento della frammentazione e separatezza ordini e gradi di scuola in funzione di una formazione unitaria che si sviluppa per gradi e livelli e che utilizza le discipline in modo strumentale, funzionale all’apprendimento formativo. La disciplina, quindi, non è il fine della formazione ma lo strumento al servizio dell’intervento formativo.
La didattica attiva e laboratoriale significa una didattica attraente e vicina ai bisogni degli alunni, centrata sull’operatività delle situazioni di apprendimento, sull’organizzazione di percorsi di apprendimento centrati sul compito, dotati di senso e motivanti, e che utilizzano l’aula scolastica come un “laboratorio”, inteso sia come luogo fisico specificamente attrezzato, sia come momento in cui gli alunni progettano, costruiscono artefatti e manipolano materiali, prevedono, sperimentano, confrontano e discutono affiancati dal docente mediatore e guida. Tale metodo, applicabile a qualunque disciplina, parte dal dato dell’esperienza e del contesto che circonda lo studente che, nel laboratorio, può essere la classe o l’aula di laboratorio, ove egli impara ad indagare, analizzare, problematizzare, cogliere nessi di causa ed effetto, confrontare, selezionare, dedurre, ipotizzare, comunicare, decidere ricavando informazioni, conoscenze, ma anche procedure e modelli cognitivi. Il laboratorio, ove lo studente è attore e protagonista, ha un forte valore formativo e, quindi, anche orientante per il suo coniugare insieme sapere e saper fare, nonché per il rendere concreto, reale ed efficace l’apprendimento.
Un nuovo modello di formazione iniziale e in servizio è necessario e non più differibile, ma deve trattarsi di una formazione unitaria e verticale che preveda alcuni moduli comuni per tutti i livelli e attenta sia allo sviluppo dell’area cognitiva che delle aree, non meno importanti, emotivo-relazionale e tecnologica. Oggi la tecnologia, fortemente avanzata, offre opportunità e facilitazioni notevoli in ogni settore di apprendimento, peraltro flessibile e adattabile a qualunque esigenza e modalità formativa.
Un’attenzione particolare va rivolta alla formazione dei docenti di scuola secondaria di 1° grado. La scuola media costituisce, infatti, uno snodo importante per la scelta di tutti i percorsi scolastici e formativi. In essa si pongono le basi per lo sviluppo delle competenze fondamentali di tipo generale che ognuno dovrebbe acquisire entro il 16° anno di età.
L’attuale momento richiede un investimento importante sulla formazione dei docenti di ogni ordine e grado di scuola. Non si tratta di intervenire con interventi sporadici e frammentari di aggiornamento, ma di intervenire con un piano sistematico di formazione . E’ un investimento necessario e non più differibile, se vogliamo che i nostri ragazzi, futuri cittadini, sappiano intervenire in contesti di complessità crescente con un bagaglio di competenze solido e amplificabile in coerenza con i cambiamenti sociali, economici e del lavoro.
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